RESPONSABILITÀ’ MEDICA: ALCUNI RECENTI SVILUPPI DELLA GIURISPRUDENZA DELLA SUPREMA CORTE IN MATERIA DI DANNO DA PERDITA DI CHANCE

Avv. Giorgio de' Luigi • nov 19, 2019

Un commento a Cassazione Civile, III Sez.,sentenza n° 28993/19 del 4.07-11.11.2019

Nell’epoca in cui viviamo, quando un paziente si rivolge ad un medico ed in generale ad una struttura sanitaria, nutre sempre più spesso la sopravvalutata speranza che la risposta terapeutica sia idonea a garantirgli un risultato positivo ed utile e, in caso contrario, è frequente la ricerca di un responsabile, un capro espiatorio, per le frustrate attese (non sempre fondate da un punto di vista legale e medico-scientifico) in capo al singolo o ai suoi eredi. La qualcosa, se può muovere umana comprensione di fronte a chi scopre di essere invero “piccolo” a fronte dei grandi e spesso tragici eventi della vita nonostante il progresso della scienza e della tecnica, non compatisce analoga apertura in termini giuridici. Ciononostante, i nostri Giudici non sono certo rimasti insensibili di fronte all’evolversi della coscienza sociale e si sono spesi, anche anticipando il Legislatore (come spesso accade) per fornire una risposta di Giustizia ancorata, però, ai princìpii fondamentali del nostro Ordinamento in materia di responsabilità, danno e nesso causale. 
Uno degli ambiti in cui si sono susseguite numerosissime sentenze, sia di merito che di legittimità, è quello della c.d. “perdita di chance” rispetto alla quale anche recenti arresti hanno il merito di aver cercato di far chiarezza su di un argomento la cui origine risale ad una pronuncia della Sez. Lavoro della S.C. del 1985 in materia di perdita di chance di un partecipante ad un concorso amministrativo.
La più recente pronuncia sulla perdita di chance in ambito di malpractice medica si deve alla III Sez. Civile della S.C., con la sentenza n° 28993/19 del 4.07-11.11.2019 (Pres. Dott. Travaglino). Tale pronuncia richiama in realtà dei princìpii già espressi anche in analoghe sempre della III Sez. Civ. (n° 5641 del 09.03.2018; n° 6688 del 19.03.2018; n° 10424 del 15.09.2019) e conferma la sussistenza di tale danno, specificandone i caratteri essenziali e distintivi rispetto ad altri eventi di danno che, pur richiamando nel nomen una “perdita di probabilità/possibilità”, sono in realtà altro e differente danno. In estrema sintesi il caso concreto lamentato dai ricorrenti, tra i molteplici motivi di ricorso, era quello per cui la Corte d’Appello di Milano aveva errato non riconoscendo in capo al de cuius la perdita di possibilità terapeutiche in correlazione causale all’asserito ritardato e inadeguato intervento terapeutico, decisione basata sulla considerazione per cui - avendo affermato i CC.TT.UU. della fase di merito che, anche in ipotesi di intervento chirurgico anticipato, il paziente non avrebbe comunque nutrito possibilità di sopravvivenza apprezzabili - si doveva escludere la sussistenza di una lesione risarcibile anche in termini di perdita di chance quale possibilità di prolungamento della vita del congiunto.
La sentenza in esame compie un interessantissimo excursus, a partire dalla differenza ontologica sussistente tra la situazione di chi, leso rispetto alla pretesa alla legittimità dell’azione amministrativa, già parte da una situazione di per sé “positiva” poi irrimediabilmente compromessa (la c.d. chance “pretensiva”) e la diversa situazione di colui che già vive una situazione sfavorevole (a causa, ad esempio, di una sua propria patologia) e per cui può, conseguentemente ed eventualmente, crearsi una chance favorevole (prima non presente) dovuta proprio all’entrata in scena del sanitario (la c.d. chance “non pretensiva”). Si conferma, inoltre l’orientamento per cui, rispetto alla chance “patrimoniale”, la liquidazione del danno da perdita di chance “non patrimoniale” non potrà essere commisurata proporzionalmente al risultato andato perduto ma, invece, in via equitativa avuto riguardo alla possibilità perduta di conseguire quel risultato sperato(1). E, certamente, tale chance dovrà essere caratterizzata dai parametri di serietà, apprezzabilità e consistenza ed in cui il criterio statistico può costituire un elemento orientativo così da distinguere una concreta possibilità da una mera speranza ma, ciò, a fini risarcitori e senza che questo possa ingenerare confusione tra questo elemento (che configura, comunque, l’evento di danno) e l’altrettanto imprescindibile elemento richiesto del nesso causale. Infatti il Supremo Collegio si premura di evidenziare che è di primaria ed esiziale importanza, preliminarmente, indagare sul rapporto eziologico tra la condotta (commissiva e/o omissiva) colpevole e il danno da possibilità perduta di un risultato medico migliore. Non bisogna, infatti, in maniera assoluta, confondere la prova della probabilità e/o possibilità di conseguire il risultato (chance) rispetto alla (preliminare ed imprescindibile) prova della probabilità che la condotta dell’agente abbia causato il danno consistente nella perdita di detta chance (così respingendo precedenti orientamenti giurisprudenziali oppositivi rispetto al riconoscimento di tale voce di danno in quanto vedevano, così, inficiato il requisito dell’accertamento del nesso causale).
La Suprema Corte, poi, evidenzia come alla domanda del risarcimento da perdita di chance dev’essere riconosciuta autonomia propria rispetto ad altre voci di danno e dev’essere, quindi, specificata (rispetto al petitum) proprio in quanto caratterizzata da una propria autonomia, posto che se, per contro, si configurasse l’evento danno costituito non da una possibilità del risultato (id est, dalla perdita della possibilità di vivere meglio e/o più a lungo) ma, invece, dal mancato risultato (ad esempio, dalla rigorosamente accertata perdita anticipata della vita in correlazione eziologica con la condotta colpevole), allora si tratterebbe di un evento di danno affatto differente. Come già specificato in altre pronunce precedenti (cfr. Cass. n° 6688/18, cit. e n° 10424/2019, cit. ma, anche, Cass. Civ., Sez. III Civ. , n° 23864/2008 e Cass. Civ., Sez. III Civ. , ord. n° 2760 del 23.03.2018) non si deve confondere il concetto di perdita di chance con la perdita di beni del cui relativo diritto il paziente sia già pienamente titolare. Chance, quindi, come lesione di una possibilità protesa verso il futuro e non di un’attualità (come potrebbe essere, ad esempio, il danno subìto da un malato comunque terminale che, a causa di un’omessa o colpevole condotta sanitaria, abbia visto sensibilmente peggiorata la qualità di vita residua per mancata adozione di cure palliative oppure per non aver potuto concretamente adottare determinazioni per sé o per i suoi affetti). La Cassazione, quindi, formula dei distinguo ... quasi un vademecum ... a seconda dell’esito (rectius: dell’evento di danno) di una condotta colpevole commissiva od omissiva, previo imprescindibile accertamento - rispetto a questa - della sussistenza del nesso causale (necessariamente certo ovvero “più probabile che non”, da esclusdersi in caso, ad esempio, di multifattorialità dell’evento per concorso di cause che determinino in capo al C.T.U. assoluta incertezza):
  1. morte (certa o altamente probabile) di un paziente altrimenti curabile; 
  2. riduzione (certa o altamente probabile) della durata e peggior qualità di vita del paziente; 
  3. incidenza (certa o altamente probabile) sulla qualità ed organizzazione della vita del paziente e conseguente lesione del diritto di autodeterminazione; 
  4. alcun esito differente;
  5.  incertezza sull’eventualità di maggior durata della vita e/o minori sofferenze e/o delle terapie possibili. 
Solamente nel 5° ed ultimo caso (“incertezza eventistica”) sarebbe legittimamente consentito di poter parlare di danno da perdita di chance che potrebbe essere risarcito equitativamente qualora la detta probabilità sia apprezzabile, seria e consistente (intendendosi la chance come “possibilità priva di misura ma non di contenuto”). I quattro precedenti costituiscono casi di autonomi e differenti eventi di danno risarcibili in quanto non tanto trattasi di possibilità (rectius, incertezza) del risultato sperato ma di vero e proprio mancato risultato sic et simpliciter.
Si viene a specificare, quindi, che la chance perduta identifica il danno, lo qualifica ma non incide sul problema del nesso causale che va risolto con pienezza e secondo le consuete ed immutate regole a monte ed a prescindere dall’evento danno (e, quindi, in caso di incertezza insanabile sull’eziologia non potrà conseguire alcun risarcimento). Il risarcimento in quest’ultimo caso potrà essere liquidato facendo uso del criterio equitativo mentre, negli altri, in cui non dovesse esserci incertezza alcuna sul piano c.d. “eventistico”, andrà risarcito integralmente tout court come danno, ad esempio, da perdita anticipata del rapporto parentale se fatto valere jure proprio o da perdita anticipata della vita se fatto valere jure hereditatis (sgombrando il campo da equivoche locuzioni quali “perdita della possibilità di vivere meglio”, “perdita della possibilità di organizzarsi al meglio per il tempo di vita residuo” o “perdita della possibilità di godere del rapporto con il congiunto”). Ad esempio, in materia di omessa tempestiva diagnosi di patologie oncologiche ad esito comunque infausto, è stata affermata (cfr.: Cass. n° 10424/19, cit.) l’erroneità dell’assunto per cui la condotta diagnostica colpevole “non abbia inciso sulla qualità di vita del paziente” in quanto siffatta affermazione non tiene conto della circostanza per cui - in quel lasso di tempo - il paziente è vissuto senza che si potesse apportare un qualsiasi beneficio alla qualità di vita per causa della diagnosi erronea e, in ogni caso, non è stato messo in condizione di scegliere come programmare il suo essere persona, ovvero scegliere “che fare” nell’ambito delle possibili proposte suggerite dalla scienza medica per quei casi. Costituisce, quindi, un errore censurabile quello del giudice che incentri la propria motivazione a supporto del rigetto della domanda risarcitoria esclusivamente sull’assenza di prova che una ritardata diagnosi avrebbe compromesso le chance di guarigione o, almeno, di una maggiore sopravvivenza qualora si provato che tale ritardo abbia “determinato ... la perdita di un bene reale, certo (sul piano sostanziale) ed effettivo, non configurabile alla stregua di un “quantum” ... di possibilità di risultato o di un evento favorevole ...” (che configurerebbe la corretta e basilare definizione di chance in responsabilità civile, N.d.R.) - “...ma apprezzabile con immediatezza quale correlato diritto di determinarsi liberamente nella scelta dei propri percorsi esistenziali anche in presenza di patologie a sicuro esito infausto”. Così, pure, è stato sancito che l’obbligazione sussistente in capo al sanitario di fornire una completa ed esaustiva informazione deve considerarsi estesa all’esplicazione in termini intelligibili per il paziente del significato del referto nonché delle conseguenze da trarre, comprese le eventuali ulteriori scelte terapeutiche e/o diagnostiche, posto che diversamente si potrà causare un danno coincidente con la lesione della qualità della vita per il tempo rimanente di un malato terminale (cfr.: Cass. n° 6688/18, cit.)_ In casi come questo si parla impropriamente di “perdita della possibilità” di fare qualcosa o di vivere meglio ma non è, questo, un caso di danno da perdita di chance in quanto l’evento danno è affermabile con certezza.

(1) Sulla distinzione tra chance “patrimoniale” e chance “non patrimoniale” è interessante, ad es., anche quanto scrive Cass. n° 6688/19, cit. per cui “la natura del danno dipende dalla natura del risultato reso impossibile ... omissis... Se, pertanto, il diritto aspirato presidia un bene patrimoniale, la perdita di chance di acquisirlo costituisce un danno patrimoniale, mentre s, al contrario, il diritto ha sotteso un bene non patrimoniale, quest’ultima è la natura anche del danno da perdita di chance”_
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