Responsabilità medica - Cosa deve provare il paziente

Avv. Stefania Trivellato • ott 06, 2022

Quando si intenta una causa per responsabilità medica non ci si può limitare ad asserire una responsabilità di tipo sanitario. La cosa importante in caso di responsabilità medica è sapere cosa provare.   Quindi come chiedere un risarcimento in tema di malpractice medica? Cosa provare oltre a fare la domanda tout court?



Domanda in caso di responsabilità medica: gli errori più comuni

Se ci si limita ad asserire la presenza di un errore diagnostico o di cura, ma senza dire in cosa esso sarebbe consistito la domanda non potrà essere accolta. Se nessuna censura viene mossa all’operato dei sanitari coinvolti né per quanto riguarda la scelta del tipo di esame eseguito (per esempio una radiografia) né per una errata esecuzione dell’esame stesso o per una errata e/o incompleta lettura del referto, od un errore nelle cure prescritte, né vengono indicati altri esami e/o accertamenti che la situazione avrebbe dovuto suggerire e che sarebbero stati colposamente omessi, o cure diverse da quelle prescritte, la domanda risulterà incompleta. 


Dimostrare l'errore medico: cosa dice la Suprema Corte

Quando si chiede un risarcimento in thema di una responsabilità medica di una struttura sanitaria incombe sulla parte che ritiene di aver subito un danno, e quindi creditrice della prestazione sanitaria, allegare e provare la circostanza dell’inadempimento e dimostrare l’esistenza della cd. causalità materiale, ossia del nesso causale tra la condotta del medico e il danno subìto (posto che quest’ultimo non è immanente all’inadempimento).


Spetta invece al debitore (e cioè nel caso della responsabilità medica del sanitario coinvolto o della struttura medica)  una volta che il creditore abbia assolto agli oneri sopra indicati quindi dimostrato l’errore, provare che quell’errore non è avvenuto e quindi che la prestazione (e cioè l’attività di cura) è avvenuta correttamente, ovvero nel caso contrario che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione non imputabile, secondo uno schema che la Suprema Corte, con orientamento ormai consolidato, ha definito doppio ciclo causale, ex multis, cfr. Cass. Civ. 18392/2017, Cass. Civ. 2017/26824; Cass. Civ. 29315/2017; Cass. Civ. 3704/2018; Cass. Civ. 26700/2018, Cass. Civ. 28991/2019.


Non vi è dubbio che alla luce del parametro di diligenza di cui all’art. 1176, comma II, Codice Civile nonché secondo quanto disposto dall’art. 5, comma I, L. n. 24/17 (c.d. Legge Gelli-Bianco), l’esercente la professione sanitaria, quale che sia la finalità̀ della sua prestazione (preventiva, diagnostica, terapeutica, palliativa, riabilitativa o di medicina legale), si deve attenere alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi di legge ed elaborate da estensori “validati”, ovvero in assenza, alle buone pratiche clinico assistenziali, non è ravvisabile alcuna colpa e/o responsabilità in capo al personale medico dal momento che una diversa condotta non sarebbe stata pretendibile, con il compimento di ulteriori o differenti esami diagnostici, o approfondimenti o cure. Quando, quindi, i sanitari si attengono al protocollo ed alle migliori linee guida ed hanno svolto gli accertamenti necessari previsti nessuna responsabilità potrebbe essere loro imputata. 


La diligente, perita e prudente condotta dei sanitari ha rilievo oltre che ai fini dell’esclusione della responsabilità medica, anche nella determinazione del risarcimento del danno, posto che il Giudice deve tenere conto della condotta dell’esercente la professione sanitaria che si conforma alle linee guida e/o alle buone pratiche clinico assistenziali (cfr. art. 7, comma III, L. 24/17  cioè sempre l legge Gelli punto nodale nella materia), proprio al fine di escludere o quantomeno contenere l’entità del risarcimento.

Inoltre il danneggiato quando chiede il risarcimento per una responsabilità medica potrà quindi anche dimostrare di non aver aggravato il danno con un concorso colposo ex art. 1227 C.C. (per l’aggravamento della patologia e/o per l’entità dei postumi).

Infine oltre a questo nel campo della responsabilità medica  è sempre  importante che la domanda si accompagni ad una perizia di parte.


Richiedere i danni per responsabilità medica: l'importanza della perizia medico legale

Chi ritiene di aver subito un danno in ambito di responsabilità medica è opportuno che si fornisca di una perizia medico legale di parte che, se trattasi di caso grave, sia collegiale e cioè che il medico legale incaricato, interprete indispensabile per formulare una domanda corretta e ammissibile, si accompagni ad uno specialista della materia che possa più precisamente individuare gli errori (per esempio chirurgici, di cura, diagnostici ecc). 


Nelle cause di responsabilità medica una buona perizia medico legale, pur non avendo valore probatorio ma bensì di mera allegazione difensiva, consente al danneggiato e cioè a chi ha subito il danno di dimostrare in modo circostanziato quello che lui assume essere l’errore che ha cagionato il danno ingiusto. 


Responsabilità medica: come arrivare alla consulenza tecnica in giudizio


Così facendo presenta al giudicante l’oggetto del giudizio (e cioè della quaestio juris) definendo anche quale sia la prova contraria che dovrà fornire la controparte (medico o struttura sanitaria che siano). 

Diversamente, peraltro, se non si è potuto dimostrare correttamente quanto abbiamo illustrato potrebbe venire respinta la richiesta di C.T.U. (consulenza tecnica d'Ufficio) che, evidentemente, risulterebbe inammissibile poiché palesemente esplorativa e ciò significa che la Consulenza che potrebbe ammettere un Giudice non può valutare su fatti o dati non provati bensì su dati acquisiti. 

La CTU quindi non può essere utilizzata dalla parte per colmare le lacune probatorie (quando una consulenza diventa meramente esplorativa può non essere ammessa) non potrà cioè alleggerirne l'onere probatorio.


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