Compravendita: vizio occulto e denunzia al venditore.Inadempimento e garanzia edilizia

Avv. Ferdinando T. Trivellato • apr 26, 2020

Considerazioni sulla recente giurisprudenza delle SS.UU.

Consapevole di spendere parole su un thema di grande o comunque non rara frequenza professionale, mi è concesso affidare ai Colleghi e quanti altri pratici (in senso professionale) della materia la presente nota, con l’auspicio che “indocti discant et ament meminisse periti”.
Si diano ben presenti le disposizioni di cui agli articoli dal1490 al 1497 Cod. Civ. compresi nel Libro Quarto – Titolo III capo I – Sezione I del Cod. Civ. ed è di (istituzionale) utilità elencarne i singoli titoli:
Art. 1490 – Garanzia per i vizi della cosa venduta
Art. 1491 – Esclusione della garanzia
Art. 1492 – Effetti della garanzia 
Art. 1493 – Effetti della risoluzione del contratto 
Art. 1494 – Risarcimento del danno 
Art. 1495 – Termini e condizioni per l’azione  
Art. 1496 – Vendita di animali 
Art. 1497 – Mancanza di qualità
La Dottrina civilistica sia datata che recente ed ovviamente la Giurisprudenza di merito e di legittimità hanno trattato la questione della individuazione dell’atto idoneo all’interruzione della prescrizione in relazione alle azioni edilizie di cui all’art. 1492 c. I^ Cod. Civ., ai sensi dell’art. 2943 c.c., di cui all’art. 1495 c. 3 Cod. Civ.. Il quesito propone il dubbio se l’effetto interruttivo postuli l’azione giudiziale oppure un semplice atto di messa in mora. Un tanto è correlato all’istituto della garanzia per i vizi dell’oggetto della compravendita che non sia disciplinata dalla compravendita prevista nel e dal c.d. codice del consumo.
Il venditore è tenuto a garantire il compratore:
- Per l’evizione;
- Per i vizi;
- Per la mancanza di qualità;
- Di buon funzionamento.
Tra le obbligazioni che il c. 3 dell’art. 1476 c.c. prevede e menziona tra le principali obbligazioni del venditore vi è la garanzia per il c.d. vizio redibitorio, cioè è quello che rende la “res vendita” inidonea all’uso di destinazione oppure ne diminuisce il valore in modo apprezzabile. La norma di cui all’art. 1492 c. 1 Cod. Civ. prevede che nei casi di cui all’art. 1490 c.c. il compratore può scegliere tra la domanda di riduzione del prezzo, la c.d. “actio quanti minoris o estimatoria” e la risoluzione del contratto, la c.d. actio redibitoria; la scelta tra le due azioni può avvenire, irrevocabilmente fino al momento dell’azione giudiziale. “Electa una via, non datur recursus ad alteram".
Alla risoluzione della compravendita deve seguire da parte del venditore la restituzione del prezzo delle spese e pagamenti sostenuti; da parte del compratore deve seguire la restituzione della cosa, salvo il suo perimento per i vizi. Se il venditore non potrà provare l’incolpevole ignoranza dei vizi, dovrà pure rifondere i danni accusati dal compratore, sicché il venditore si presume in colpa, per quanto i rimedi di cui all’art. 1492 c.c. prescindano dalla colpa. La garanzia resta esclusa se il compratore sapeva dell’esistenza dei vizi o questi erano facilmente riconoscibili, sempre che il venditore non abbia assicurato che la cosa compravenduta era esente da vizi.
Le parti possono escludere la garanzia, in tutto o in parte, salvo il malizioso silenzio del venditore che sapeva della loro esistenza.
Due termini – l’uno di decadenza e l’altro di prescrizione – delimitano temporalmente le azioni edilizie ex art. 1492 c.c.: giorni otto – salvo diverso accordo – dalla scoperta per la denunzia dei vizi – a pena di decadenza – da parte del compratore, ex art. 1495 c. 1 Cod. Civ._ Tuttavia se il venditore riconosce oppure abbia occultato il vizio, la denunzia non è necessaria.
Dalla consegna della cosa (la c.d. traditio) decorre il termine di prescrizione – di un anno – per l’azione, secondo il disposto dell’art. 1495, 3 c. Cod. Civ._
Secondo l’adagio delle Fonti per cui “temporalia ad agendum, perpetua ad excipiendum” il compratore che sia convenuto in giudizio entro l’anno dalla consegna per l’esecuzione del contratto, può sempre invocare la garanzia, sempre che non ne sia decaduto per mancata denuncia. Il risarcimento del danno è soggetto agli stessi termini e così pure è disposto dall’art. 1497 c.c. per l’ipotesi di mancanza di qualità promesse oppure essenziali rispetto all’uso di destinazione della cosa. Di elaborazione giurisprudenziale è stata configurata la consegna di cosa “aliud pro alio”, costituente il fondamento non di azione edilizia, ma ordinaria, esonerata dal rispetto dei termini di decadenza e di prescrizione. Codesta più ampia tutela è invocabile se c’è diversità tra la cosa pattuita e la cosa consegnata ovvero se i vizi siano di eccezionale gravità; all’azione di risoluzione della compravendita potrà unirsi la domanda di risarcimento dei danni. Tranne che il venditore abbia garantito il buon funzionamento ovvero si sia espressamente impegnato alla riparazione del bene oggetto della compravendita oppure si tratti di comuni beni di consumo al compratore non compete l’azione di esatto adempimento finalizzata alla sostituzione o alla riparazione del bene; così ha deciso la Corte di Cassazione a SS.UU. n. 19702 del 2012.
Quanto sopra delinea sinteticamente la garanzia per vizi nella compravendita secondo le norme del Codice Civile.
Senza addentrarci nella dibattuta configurazione dogmatica della detta garanzia, basti dire sul thema che la prevalente Dottrina fa rientrate le azioni edilizie in una ipotesi di responsabilità per inadempimento per esecuzione inesatta del contratto; la causa della responsabilità trova fondamento nel fatto che il bene consegnato è difforme da quello previsto nel contratto. Sulla specificazione della natura giuridica della responsabilità implicante la garanzia sopra dedotta si è puntualizzato l’insegnamento delle SS.UU. con la sentenza n. 11748 del 2019.
La tutela della garanzia per vizi nella compravendita – ritiene la sentenza – comporta una responsabilità contrattuale per inadempimento difforme da quella ordinaria proprio per la specifica normativa della compravendita il cui bene che ne è oggetto accusa vizi persistenti alla conclusione del contratto stesso, ai sensi dell’art. 1477 c. 1 Cod. Civ.. A contrariis, l’inesistenza dei vizi realizza il sinallagma genetico e quello funzionale e la responsabilità relativa alla loro garanzia – insegnano sempre le SS.UU. – prescinde dal giudizio di colpevolezza in capo al venditore, esposto al rischio delle azioni edilizie, a scelta del compratore, al quale compete anche il risarcimento dei danni, salva la prova gravante sul venditore di incolpevole ignoranza dei vizi stessi, la cui esistenza è onere probatorio a carico del compratore (v. Cass. SS.UU. n. 11748 del 03/05/2019).
La Corte regolatrice osserva che il termine della prescrizione è breve per evitare che il passare del tempo renda ardua l’individuazione delle cause dei vizi e dell’accertamento sulla vigenza o meno della compravendita; anche per la brevità del termine di prescrizione si è proposto il quesito in ordine all’atto idoneo all’interruzione del termine annuale.
Il disposto dell’art. 1495 c. 3 Cod. Civ. parla di azione, mentre l’art. 1934 Cod. Civ. si riferisce al diritto. Per impedire la maturazione del termine, alcuni Giudici ed autori esigevano soltanto l’azione giudiziale, mentre altri, ritenendo non decisiva la terminologia del legislatore che in altre norme, come nel c. 3 dell’art. 1947, non distingue tra azione e diritto, ritenevano idonee un atto stragiudiziale; infatti le azioni edilizie fanno valere un diritto contrattuale, malgrado la terminologia di azione redibitoria o di risoluzione, oppure di azione estimatoria ed hanno un contenuto sostanziale di tutela di un diritto. Quindi gli atti di costituzione in mora ex art. 2943 Cod. Civ. sono idonei all’interruzione del termine per la tutela del diritto del compratore, come pure il riconoscimento da parte del venditore del diritto alla tutela della garanzia competente all’acquirente. Questi fa valere un proprio autonomo diritto, il diritto alla garanzia e la norma di cui all’art. 1490 Cod. Civ. non esige l’immediata precisazione del tipo di tutela che si dovrà puntualizzare in via giudiziale; neppure è rilevante che il compratore formuli la riserva della scelta tra le due azioni, essendo sufficiente che sia rappresentata la volontà di far valere il diritto stesso per interrompere il termine. In tal senso la II^ Sezione della S.C. si è espressa fin dalla sentenza n. 9630 del 1999 e similmente Cass. III^ Sez. n. 22903 del 2015.
Di opposto parere è stata la più recente pronuncia della stessa II^ Sezione della S.C. n. 20705 del 2017, peraltro conforme a Cass. 18477/2003 e n. 8417/2016. Tale orientamento valorizza la natura potestativa del diritto del compratore cui compete la scelta dell’azione nei confronti del venditore in posizione di soggezione, laddove la messa in mora ex art. 2943, C. 4° C.C. è un atto interruttivo della prescrizione consistente in una “intimazione o richiesta” ai sensi dell’art. 1219 c. 1° C.C. nei confronti del “debitore” per conseguire l’adempimento di un’obbligazione.
La messa in mora non si attaglia ai diritti potestativi – com’è quello di risolvere il contratto di compravendita – ma solamente a quello di credito.
Ergo l’orientamento in parola postula in conclusione la necessità della via dell’azione giudiziale per l’interruzione della prescrizione (fermo il risarcimento del diritto del compratore della garanzia (non del vizio, si noti) da parte del venditore ed altresì l’impegno da parte del venditore ad eliminare i vizi o difetti, con il che il termine prescrizionale si interrompe).
Con la sentenza n. 8418 del 2016, non massimata, la II Sezione della S.C. ha ipotizzato una mediazione unitaria dei due orientamenti, ritenendo che possano essere entrambi validi, ma in situazioni distinte e cioè la messa in mora sarebbe idonea quando il compratore con la volontà di esercitare la garanzia si sia riservato di scegliere poi l’azione di suo interesse, cioè la risoluzione oppure la riduzione del prezzo; se il compratore si determina invece a chiedere con la tutela competente, la risoluzione del contratto occorrerebbe dar corso all’azione giudiziale.
Con la sentenza n. 18762 dell’11.07.2019 le SS.UU. della Cassazione civile è stato recepito l’indennizzo secondo cui un atto scritto stragiudiziale di costituzione in mora (ex art. 1219 c. I° Cod. Civ. è idoneo a interrompere il termine di prescrizione annuale di cui al c. III° dell’art. 1495 Cod. Civ., non ostando ragioni normative impeditive per negare al compratore di avvalersi della disciplina ordinaria generale in tema di prescrizione e quindi anche dell’interruzione (con l’effetto della ripetizione dell’annuale periodo previsto). Detto principio – che offre al venditore la possibilità di evitare la causa – riconduce la garanzia edilizia nel campo dell’inadempimento contrattuale e si risolve in un mezzo di deflazione del contenzioso con eventuale soddisfazione socio-economica della due parti.
Il principio di diritto viene così enunciato: “Nel contratto di compravendita costituiscono – ex art. 2943 c. IV° Cod. Civ. – atti idonei interruttivi della prescrizione dell’azione di garanzia per vizi, prevista dell’art. 1495, c. 3 Cod. Civ. le manifestazioni extragiudiziale di volontà del compratore compiute nelle forme di cui all’art. 1210, c. 1 Cod. Civ., con la produzione dell’effetto generale di cui all’art. 2945 c. 1° Cod. Civ.”-
Va pure detto che l’indirizzo, cioè l’interpretazione del dubbio ermeneutico nascente dal c. 3° dell’art. 1495 Cod. Civ. aderisce ovvero è conforme all’orientamento prevalente della letteratura accademica.

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