Responsabilità sanitaria ai tempi del Covid-19

Avv. Stefania Trivellato • mag 13, 2020

Alcune considerazioni

L’emergenza sanitaria provocata dal Covid-19, oltre alla tragedia umana intrinseca all’epidemia da questo causata, ha comportato altresì un’ulteriore, delicata problematica relativa alla responsabilità medica. 
Le scarsissime informazioni relative al ceppo virale, infatti, non hanno (forse) consentito alle Autorità competenti di porre in essere un piano di gestione della crisi a fini coordinativi e precautelari. Da ciò è derivata la preoccupazione degli operatori sanitari, che abbiano svolto l’attività di cure in emergenza, di subire condanne in ragione della sperimentalità delle cure o, soprattutto, della loro inadeguatezza. L’elevata morbilità e il fatto che il virus sia pressoché sconosciuto ha fatto sì che sia divenuto quasi “nosocomiale” nel contesto di cura in cui senza le adeguate iniziali informazioni e conseguenti e proporzionate precauzioni (anche appunto per la mancanza di indicazioni) è circolato proprio maggiormente negli ospedali. Discorso in parte diverso vale per le Residenze Sanitarie Assistenziali ed il drammatico destino che le accomuna. Queste strutture ospitano soggetti portatori di patologie con una certa complessità clinica che necessitano di assistenza sanitaria (infatti prevedono la presenza interna di operatori sanitari medici e infermieri) e non solo ricreativa e come tutte le strutture che si occupano di cura della persona in situazioni di deficit o inabilità, che non si sono sapute attenere agli obblighi di prevenzione (e poi di contenimento), pur senza un ruolo di prima linea, sono con ogni probabilità, salvo specifiche situazioni, responsabili dei contagi. Non si sono trovate a far fronte ad una utenza che non poteva essere respinta né arginata e andava curata. Queste strutture avevano in carico la salute di specifiche persone identificate e già per contratto ospitate al loro interno e solo di queste doveva garantire la salute contrastando il contagio e infatti, laddove non sono state fatte scelte incompatibili con le precauzioni e cautele, ci sono pure riuscite. Ad ogni buon conto per le RSA tratteremo il tema in un apposito articolo. 
Le preoccupazioni del comparto sanitario rispetto alla problematica della responsabilità in questo ambito di pandemia si sono rafforzate quando sono stati ritirati gli emendamenti al DL 18/2020 che riconosceva una scriminante totale verso i soggetti del mondo sanitario.
In realtà lo stesso ordine dei medici di Roma, per esempio, era in accordo con l’esclusione di una scusante aprioristica. Per l’Ordine dei medici, chirurghi e odontoiatri questi emendamenti “offendono medici e operatori sanitari e vanno ritirati subito”. 
Tale scelta, invece, è stata comprensibile perché la tutela di una categoria, gli operatori sanitari, non può essere lesiva della tutela di una seconda, i pazienti. Non può esserci, dunque, una radicale deresponsabilizzazione normativa, anche in una situazione pandemica come quella che si sta vivendo. 
In tema di responsabilità medica è opportuno separare la responsabilità penale – che è personale e il cui percentile di condanne è minimo – dalla responsabilità civile, ben più frequente e … onerosa. Tuttavia, è doveroso precisare che il risarcimento da quest’ultima derivato si inserisce, per lo più, nella ipotesi di cure atte a migliorare la condizione di vita del paziente, mentre è molto meno frequente nelle cure atte a garantirne la sopravvivenza (concetto, questo, ben diverso dal primo). 
La casistica del Covid-19 rientra pacificamente in questa seconda categoria.
L’assenza di una normativa ad hoc per una situazione emergenziale come quella in esame, ha portato le Regioni, costituzionalmente competenti nel settore sanitario – ad attuare modelli organizzativi che hanno fatto leva su elementi diversi: c’è chi ha efficientato l’ospedalizzazione, chi la territorialità e chi ha cercato il contenimento delle infezioni nosocomiali. Ovviamente sarà preferibile valorizzare a livello nazionale tutti i modelli appena elencanti congiuntamente e omogeneamente, perché presa singolarmente nessuna delle scelte si è dimostrata del tutto vincente e il fatto stesso che non ci sia stata omogeneità di per sé è già un problema. 
Premesso quanto finora esposto è evidente che il fenomeno epidemiologico provocato dal Covid-19 rientra in un’ipotesi di vis maior. La situazione è un chiaro esempio di una circostanza di forza maggiore, vorremmo dire in modo quasi dogmatico, indiscutibile e scolastico. A ulteriore conferma (come se fosse necessario) di quanto appena detto, si ricorda che il DPCM del 31.01.20 aveva già qualificato tale tragedia come “emergenza nazionale”. 
E’ anche vero che sull’onda emotiva di voler dare maggiore o più calibrata, ma non da ultimo più visibile, tutela al comparto sanitario cui il Paese tanto deve in occasione di questa battaglia è possibile che si verrà a creare il presupposto per l’emanazione di una legge ad hoc. La qualcosa non è di per se sbagliata ed anzi le maggiori tutele o, meglio, le tutele più disciplinate e commisurate al caso concreto creeranno meno confusione in capo agli Uffici giudiziari e probabilmente uno stato d’animo più sereno in capo a chi si è trovato in prima linea (e già dovrà fare i conti con i suoi traumi senza venire additato per responsabilità che non solo non ha scelto ma cui non ha potuto sottrarsi combattendo una battaglia a volte impari). Ciò che semmai può preoccupare è quello che una legge ad hoc creerà nell’animo e nella convinzione dei pazienti o meglio dei molti familiari dei pazienti deceduti a causa del virus. Creare una legge funzionale solo a deresponsabilizzare e assolvere l’operato sanitario può far insorgere l’idea che quindi di colpe ben ve ne siano. Una specie di “condono”. Bisognerà rendere evidente che il provvedimento che il legislatore andrà ad emanare non sarà uno strumento tramite il quale gli operatori potranno ottenere una tutela per qualcosa che diversamente andrebbe sanzionata e perseguita. Ed è evidente che tutto ciò non potrà evitare azioni giustificate avverso situazioni del tutto contrarie ed in contrapposizione con le procedure accordate, i metodi preposti e le reali possibilità di cura. Alcune cause saranno inevitabili e con ogni probabilità legittime.
Bisognerà però che i cittadini percepiscano che la situazione in cui il comparto ha operato era speciale e che questa specialità è già ben codificata e prevista nel mondo giuridico. Ma il momento è stato tanto speciale quanto potrebbe esserlo anche promulgare una legge che ancor meglio lo spieghi e lo faccia assimilare. Sarà molto importante la comunicazione.
Tutti a quel punto dovremo cercare di superare quanto successo insieme ed andare avanti. Guarire le ferite insieme. 
La vita può essere capita solo all’indietro ma va vissuta in avanti (Kierkegaard).

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